La Calabria dei paesi fantasma
Viaggio tra i borghi abbandonati, oggi set cinematografici
© Creditis: Vincenzo Stranieri
Vivere slow
© Creditis: Vincenzo Stranieri
Vivere slow
C’è chi le chiama “ghost-cities” o “paesi fantasma”, nel caso dei piccoli villaggi, definizione affascinante di località che un tempo erano abitate e oggi non lo sono più per cause naturali o antropiche, come calamità ed emigrazione più o meno spontanea.
La Calabria è ricca di questi luoghi della memoria come questi, avendo subito per lunghi anni entrambi i fenomeni che hanno portato allo spopolamento di interi territori. Tra i “paesi fantasma” calabresi ve ne sono di alcuni davvero suggestivi, dove albergano leggende lugubri e un genius loci ancora tangibile, aggirandosi per i ruderi abbandonati; altri, riadattati e sapientemente utilizzati come set cinematografici a cielo aperto.
Scopriamoli insieme, da nord a sud, in un itinerario alla scoperta delle “ghost cities” calabre.
Terremoti e smottamenti, alluvioni ed emigrazione sono tra le ragioni più frequenti dello spopolamento della Calabria, in particolare dei piccoli paesi interni, incastonati sulle alture di montagna e di mezzacosta. Luoghi che oggi guardano il mare dall’alto di una solitudine che ha in sé qualcosa di drammatico, eppure profondamente romantico.
Sono poesia le case abbandonate, con le porte e le finestre spalancate su ambienti che recano ancora gli arredi originali di un tempo, le tavole semi-apparecchiate, gli oggetti di uso quotidiano quasi in attesa che i legittimi proprietari tornino a servirsene.
Un universo sospeso quello dei “paesi fantasma” in Calabria, le cui cappelle avvolte dai rovi, le stradine col selciato ingombro di erbacce e gli scorci panoramici tra il mare e i monti raccontano una storia affascinante, fatta di tradizioni, miti e leggende.
Partiamo per un itinerario tra gli antichi borghi abbandonati in Calabria per scoprirne passato, presente e, perché no, le prospettive future. Da nord a sud, i “paesi fantasma” che è possibile visitare sono:
L’itinerario alla scoperta dei “paesi fantasma” parte dalla provincia di Cosenza e dal sito di Avena, frazione di Papasidero, paese già noto per la Grotta del Romito (sito preistorico di rilevanza mondiale).
Avena è il "paese fantasma" della Valle del Lao spopolato a causa del terremoto del 1982. Aggrappato al suo roccione panoramico, Avena conserva tra i vicoli resti di edifici ancora carichi di fascino, come quelli della Chiesa della SS. Trinità (XVI secolo) e del Castello. Le abitazioni private sembrano congelate nel tempo, con oggetti di uso domestico lasciati nell'attesa di un ritorno, in un'atmosfera di precarietà avvolta dal silenzio.
Sempre in provincia di Cosenza, esploriamo i resti dell’antica Cirillae, oggi “Ruderi di Cirella”, frazione di Diamante, lungo la splendida Riviera dei Cedri. L’abitato medievale risale all'inizio del X secolo, danneggiato più volte dagli attacchi corsari e poi ricostruito fino al 1800, quando fu definitavene distrutto dai bombardamenti della flotta napoleonica. Ne seguì la ricostruzione nella parte marina, l’odierna Cirella.
Passeggiare tra le mura di cinta dell’antico sito consente di imbattersi nei resti della Chiesa di San Nicola Magno e della Chiesa Madre, del Monastero dei Minimi e del Convento di San Francesco di Paola, del 1545, con annessa la Chiesa di Santa Maria delle Grazie. I resti più antichi, di epoca romana, riportano alla presenza di una villa e un mausoleo. Oggi il sito ospita il moderno Anfiteatro dei Ruderi, che ogni estate vede artisti e spettacoli che vanno in scena con lo sfondo naturalistico dell’Isola di Cirella, secondo isolotto calabrese assieme alla vicina Isola Dino.
Procediamo verso la provincia di Crotone alla scoperta della seconda tappa dell’itinerario sui “paesi fantasma” in Calabria. Qui ci accoglie l’antica Acerenthia (o Akerentia), nel territorio comunale dell’attuale Cerenzia, nei pressi del fiume Acheronte, oggi Lese. La città, circondata da alte mura, fu abbandonata nel 1844 per le difficili condizioni igienico-sanitarie dell’epoca, dovute a epidemie e al terremoto del 1738.
Oggi, tra le vie del borgo abbandonato si trovano ancora edifici che resistono al trascorrere del tempo, come il Palazzo del Vescovado, simbolo e monumento di Acherenthia, e la Chiesa di San Leone e San Teodoro di Amasea. Nei pressi del borgo meritano una visita le Grotte Basiliane, uno dei centri di rito greco-bizantino molto importante per l’epoca.
Anche la provincia di Vibo Valentia ha il suo “paese fantasma”. Si tratta di Papaglionti, posto a 460 m sul livello del mare, nei pressi di Zungri, dove si trova anche un antico sito rupestre da visitare: le Grotte di Zungri. Il toponimo, di probabile origine greco-bizantina, deriverebbe da Paleontos (o Papas Leonitius), riferito a forse all’ecclesiastico proprietario del casale.
Come tanti altri paesi anche Papaglionti fu abbandonato a causa di un’alluvione, nel 1952, e oggi, benché si presenti avvolto dai rovi e dalla natura che si è riappropriata dei suoi spazi, conserva ancora i resti della Chiesa di San Pantaleone e del settecentesco Palazzo di Francia, oltre ai resti di abitazioni cristallizzate nel tempo, con le suppellettili in attesa di un ritorno. Lungo la strada c'è anche un interessante calvario del ‘600 con un dipinto raffigurante la crocifissione.
Raggiungiamo, infine, la provincia di Reggio Calabria e tre chicche imperdibili per gli amanti dei luoghi fantasma.
Il primo borgo da vistare è Roghudi, a 500 metri di altitudine su una roccia nel cuore della fiumara dell’Amendolea, nell’area a minoranza etnica grecanica. Non è facile arrivarci, la strada è impervia e, come suggerisce il nome greco del sito, piena di “rogòdes” (o “rhekhodes”, aspri crepacci), ai quali sono legate antiche e lugubri leggende. Una di queste racconta di bambini legati ai muri esterni delle abitazioni, sui quali sopravvivono ancora i ganci, per evitare che giocando incustoditi cadessero nei precipizi. Spesso, le misteriose sparizioni notturne di uomini e bambini, venivano imputate alle naràde, creature mitologiche metà donna e metà mulo.
A poca distanza, tra i borghi abbandonati in assoluto più belli e riqualificati della Calabria, c’è Pentedattilo, i cui nome in greco significa letteralmente “cinque dita” e richiama la particolare forma dello spuntone di roccia in cui il borgo è scolpito. Arrivarci è semplice e la vista delle casette e dell’antica chiesa dall’inconfondibile campanile è simile a un piccolo presepe incastonato in una rupe.
La rupe è a stessa che nel Cinquecento vide consumarsi la tragedia nota come “Strage degli Alberti”, dal nome della nobile famiglia che deteneva il territorio. Un delitto passionale ed efferato, sul quale ancora oggi aleggia la cupa leggenda per cui, un giorno, le “cinque dita” della montagna si chiuderanno a pugno sull’abitato. I più temerari (o romantici) possono sfidare la sorte e trascorrere una notte nella magia silenziosa di questo luogo abbandonato, che ormai offre ai turisti l’ospitalità delle sue casette ristrutturate in forma di albergo diffuso e il folklore delle piccole botteghe artigiane.
Infine, le rovine di Africo Vecchio, ovvero l’abitato originario che precede la fondazione di Africo Nuovo (in marina), abbandonato in seguito a una terribile alluvione (1951).
Raggiungere i ruderi di Africo Vecchio, avvinghiati alla boscaglia più remota nel cuore dell’Aspromonte, non è affatto semplice. Si tratta di un’escursione per pochi, ma la scoperta affascinante dell’arrivo vale il cammino. Tutto è ancora fermo al momento preciso dell’abbandono; le case, la scuola elementare e la suggestiva Chiesa di San Salvatore.
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