Civita
Civita, l'orgoglio della cultura arbëreshë
Montagna
Montagna
Civita, fra i borghi più belli d’Italia, sorge nel cuore del Parco nazionale del Pollino e della Riserva naturale Gole del Raganello. La vallata in cui sorge è circondata da montagne boscose, dove arrivano i riflessi azzurri del mare Ionio, che s’intravede all’orizzonte.
Immersa in un paesaggio naturalistico unico e vario, Civita è una delle più antiche comunità albanesi (arbëreshë) d’Italia ed è un centro rinomato per la sua architettura e per le sue bellezze naturali.
Passeggiando per il centro storico di Civita non si può non notare la presenza di alcune piccole case dalla struttura antropomorfa.
Camminando per le viuzze del borgo si possono notare i suggestivi comignoli dalle forme bizzarre e le “case parlanti”. I vicoli stretti del centro storico (le rughe) si dipartono con andamento circolare verso le piazzette, le gjitonie in albanese (termine d’origine greca traducibile con “vicinato”) che collegano i vari nuclei urbani. I vecchi quartieri, con le casette basse, le crepe nei muro e gli anziani seduti davanti alla porta di casa, regalano immagini d’altri tempi. Nei mesi estivi tanti i visitatori attratti dai sentieri del Parco del Pollino e dalla possibilità di praticare sport come il canyoning e il torrentismo all’interno della Riserva naturale Gole del Raganello. Civita (Çifti in arbëreshë) fu fondata nel 1471 da famiglie albanesi in fuga dai turchi sulle rovine di una città preesistente (Castrum Sancti Salvatoris) distrutta da un violento sisma nel 1456. Testimonianza delle culture che hanno attraversato il borgo sono la struttura urbanistica fatta di viuzze e slarghi, e l’architettura religiosa. L’impianto delle chiese è orientale: rivolte verso est, recano i simboli e le forme della teologia bizantina e le funzioni sono celebrate in lingua albanese. Civita è stato tra i primi comuni a istituire lo Sportello Linguistico Comunale per la tutela del patrimonio etno-linguistico. In regioni montuose e lontane dalle comunicazioni si sono conservate intatte la foggia del vestire, gli usi e i costumi insieme alla lingua e alla professione di fede risalenti alle antiche origini albanesi. Alla conservazione della lingua contribuisce enormemente il mantenimento continuo della coscienza storica del sentimento dell’origine albanese. Sotto l’aspetto culturale, l’eredità albanese costituisce una ricchezza considerevole di tesori folclorici, che ancora oggi vengono conservati gelosamente dalla popolazione del borgo. Nel centro storico, oltre alla cappella di Sant’Antonio e a quella cinquecentesca di Santa Maria della Consolazione, è da visitare la chiesa di Santa Maria Assunta, costruita in stile barocco nella seconda metà del XVI secolo, con impianto orientale e simboli della teologia bizantina. Vi si celebra la liturgia bizantina, in quanto gli albanesi d’Italia sono cattolici di rito greco. Nella chiesa, quindi, proliferano le icone al posto delle statue.
I comignoli di Civita, probabilmente datati ad un periodo successivo al 1500, rappresentavano un segno distintivo per ogni casa e assolvevano a diverse funzioni, sia reali che legati alla superstizione. Accanto alla normale operazione di aspirazione del fumo dei camini e alla protezione dai forti venti che si formavano tra i monti del Pollino, i comignoli erano in grado, secondo la simbologia tradizionale, di tenere lontani gli spiriti maligni. Anche per questo motivo erano costruiti in forma strambe e particolari, per distinguersi gli uni dagli altri e legati all’estro del momento e alle condizioni economiche delle famiglie che ne commissionavano la costruzione. Infatti, le famiglie più ricche avevano in uso di fare realizzare comignoli molto elaborati, spesso vere opere d’arte, al contrario delle famiglie meno abbienti, sulle cui case si ergevano comignoli di più semplice fattura.
Passeggiando per il centro storico di Civita non si può non notare la presenza di alcune piccole case dalla struttura antropomorfa. Sono le case Kodra, che devono il loro nome a Ibrahim Kodra, un pittore albanese di fama internazionale che Civita ha voluto ricordare alla sua morte, avvenuta nel 2006, perché queste case “parlanti” e antropomorfe richiamano le linee e le forme della sua pittura. Queste case si presentano, infatti, con una facciata che ricorda un volto umano. La porta d’ingresso posta al piano terra è sovrastata da una canna fumaria esterna, affiancata a sua volta da due piccole finestre perfettamente identiche e simmetriche. Questi elementi così distribuiti rappresentavano, rispettivamente, la bocca, il naso e gli occhi.
A Civita, come in molti centri con radici arbëreshë, è palese l’attaccamento a tutte le tradizioni della primitiva origine. Molti momenti della vita del borgo ricordano le gloriose tradizioni della vecchia patria, che si sono tramandate di padre in figlio. Tra queste, di notevole impatto folclori si devono annoverare le Vallje. Per gli arbëreshë la parola Valle indica la ridda, che è l’unica danza appartenente al patrimonio coreografico albanese rimasta ancora fedele alla tradizione originaria. La ridda di Civita è un tipo di danza dai ritmi sostenuti e fieri che ancora oggi si possono riscontrare nelle danze dei montanari del Dukagini, le montagne dell’Albania, della Rugova, regione montuosa della Kossova e dell’Epiro. Secondo la tradizione, questa festa ricorda un avvenimento storico molto importante per la storia degli arbëreshë: la vittoria riportata da Giorgio Castriota Skanderbeg contro le numerose armate turche, avvenuta proprio un martedì dopo la Pasqua. Così, per tre giorni, i posteri continuarono a commemorare il glorioso avvenimento. Secondo la storia, i movimenti eseguiti dalla ridda durante la danza rappresenterebbero la tecnica di accerchiamento messa in atto da Skanderbeg contro l’esercito turco. Non a caso la vallja muovendosi imprigiona tra le sue spire i forestieri, che rappresentano i Turchi, liberati dopo aver pagato un simbolico riscatto, che nella circostanza consiste nell’offerta di liquori e dolci. La popolazione arbëreshe rimane così collegata idealmente al suo passato epico e con questa particolare manifestazione, tende a saldare i principi etnici per mantenere compatta la comunità. La manifestazione coinvolge tutta la gente del paese che non assiste alla vallja ma ne fa parte, è attore protagonista in prima persona.
Il Ponte del Diavolo, posto sul Raganello, costituisce un’ardita opera di ingegneria e un ottimo posto di osservazione ed è ormai una delle principali attrattive di Civita e simbolo del Parco Nazionale del Pollino. A causa del punto impervio in cui sorge e degli scarsi mezzi di cui si disponeva un tempo, la fantasia popolare ne attribuì la realizzazione al diavolo, a cui era pratica diffusa nell’antichità attribuire l’edificazione delle opere considerate impossibili. Di recente è stata rinvenuta documentazione che attesta che il ponte sarebbe stato costruito o ricostruito intorno al 1840, da un consorzio di comuni per permettere di attraversare la voragine del Raganello.
La "Pietra del Demonio" è un’impressionante parete di roccia rosa stratificata di 800 metri che provoca la meraviglia di chi l’osserva la prima volta.
La gastronomia locale è naturalmente un connubio tra tradizioni arbëreshë e la cucina tipica del Pollino. La cultura e l’abilità antica, unita a materie prime di qualità e alla presenza sul territorio di numerose erbe aromatiche, offrono piatti ricchi di sapore, come la pasta fatta in casa condita con sugo di capretto; prosciutto e capocollo; formaggio fresco; gnocchetti con ricotta pecorina; fettuccine con funghi porcini e agnello e capretto alla civitese con accompagnamento di vino del Pollino.
Nessun risultato
Nessun risultato