Locri Epizefiri è una delle realtà archeologiche della Calabria più note grazie alle numerose ricerche archeologiche che hanno messo in luce importanti resti monumentali di età greco-romana e tardo antica nei vasti spazi urbani racchiusi dalla cinta muraria di età greca. La mancata sovrapposizione di un abitato moderno sulla città antica ha facilitato l’esplorazione archeologica, che dalla fine del XIX sec. si è sviluppata affrontando i principali aspetti di Locri Epizephiri, e oggi offre ai visitatori buone possibilità di fruizione dei resti archeologici, inseriti in un quadro ambientale tipicamente mediterraneo, ricco di valori paesaggistici e naturalistici soprattutto nel settore collinare.
Chiese e centro storico
Le origini della Chiesa di S. Caterina risalgono al 1843, quando i pescatori del litorale geracese fondarono il primo luogo di culto nella borgata marina, in un locale attiguo ad un fabbricato per lo smercio del sale. L'attuale chiesa, in stile romanico-lombardo, è risalente al 1923, e conserva alcune pregiate sculture lignee processionali, opera di artigiani serresi e risalenti al 1850. La Chiesa di Santa Maria del Mastro trae origine dalla chiesa geracese di S.Maria de Jeragio, la cui parrocchia fu trasferita alla Marina di Gerace nel 1908. L'interno a croce latina è a tre navate, con le navate laterali che si concludono con due cappellette, quella di destra reca i nomi dei soldati geracesi caduti nella prima guerra mondiale, mentre l’altra presenta un altare marmoreo. La Chiesa di San Biagio sorge nel rione Sbarre e fu traslata nel 1908 da Gerace, dove era stata fondata nel XV sec. Architettonicamente è molto semplice e sul prospetto, all'altezza del timpano sono collocate le statue di S. Biagio, S. Antonio e S.Teresa. L'interno mononavata, conserva una tela del 1842 rappresentante l'Annunciazione e, nel catino absidale, un'affresco effigiante le "Nozze di Cana". Il palazzo comunale, di stile rinascimentale, è la più grande costruzione pubblica istituzionale della Locride.
La struttura è a tre piani con corte interna e presenta un prospetto armonico scandito da lesene bugnate, culmina con il grande frontone nel quale è collocato l'orologio cittadino a numeri romani.
Delle quattro ali previste dal progetto originario furono realizzate soltanto quelle esposte a Nord, Est e Sud. Quella a ovest, architettonicamente forse più interessante, prevedeva la costruzione del teatro comunale, non fu mai realizzata e al suo posto è stata costruita la nuova architettura del "Palazzo della Cultura".
Sito Archeologico di Locri Epizefiri
Il sito archeologico dell'antica Locri Epizefiri si trova a pochi chilometri dal centro abitato di Locri.
Notevole è il numero di santuari finora identificati nell’area di Locri Epizefiri. La maggior parte delle aree sacre si dispone in prossimità della cinta muraria, quasi a formarne una protezione sacrale. I santuari all'interno delle mura furono dotati di edifici templari monumentali, mentre altri santuari situati immediatamente all'esterno delle mura presentano un aspetto meno monumentale, anche se la popolarità e l'importanza di tali culti sono spesso dimostrate dall'abbondanza delle offerte votive. Il santuario di contrada Marasà è il più grande fra quelli esplorati nell’area archeologica ed è quello che allo stato attuale dello scavo offre l'immagine più tradizionale di un santuario greco con tempio di grande impegno architettonico, altare e porticato per il ricovero dei pellegrini. L'area sacra di Marasà fu frequentata sin dal VII sec. a.C., alla fine del quale fu costruito il primo tempio, uno dei più antichi di quelli sinora noti in Magna Grecia. Oltre ai resti del basamento e la parte inferiore di una sola colonna attualmente visibili nell'area archeologica, si conservano numerosi frammenti pertinenti alla parte alta dell'edificio sulla base dei quali è stato possibile ricostruire l'aspetto originario del tempio stesso.
Un'ampia campionatura di questi frammenti è esposta al museo di Reggio Calabria, dove si possono ammirare anche le terrecotte architettoniche pertinenti alle fasi più antiche del tempio. Di particolare interesse è la decorazione scultorea del fronte occidentale del tempio, una delle più notevoli della Magna Grecia, costituita essenzialmente da due gruppi speculari e simmetrici che rappresentano due giovani nudi in atto di scendere da cavalli sostenuti da Tritoni. Tali sculture, collocate nello spazio triangolare del frontone, furono scolpite con marmo proveniente dall'isola di Paros nel mare Egeo da un artista magnogreco sensibile all'influenza del grande scultore ateniese Fidia, autore della decorazione scultorea del Partenone. Nei pressi del teatro, in vicinanza di casa Marafioti, sorgeva un tempio dorico, del quale rimangono pochi frammenti dei capitelli e del fregio. Il tempio era dedicato a Zeus, come si evince dal preziosissimo archivio di tavolette bronzee, ritrovato in una vicina teca in pietra, con la registrazione della contabilità del santuario. All'esterno del braccio di mura che corre parallelo alla linea di costa, in prossimità dell'abitato di Centocamere , sorgeva un complesso cultuale la divinità venerata era Afrodite, e data l'ubicazione in prossimità del mare e nelle vicinanze di un probabile approdo dei due edifici, si può pensare ad un culto della dea come protettrice dei naviganti e del mare. Essa consta di una serie di ambienti accostati in modo da formare una "U" e dotati di un portico antistante che va ad affacciarsi su un ampio cortile centrale. Oltre ad offrire riparo ai pellegrini, l’edificio era utilizzato per cerimonie sacre che prevedevano dei banchetti comuni, come testimoniano i resti di pasto e frammenti di ex-voto dedicati rinvenuti nelle piccole fosse scavate in gran numero nell'area del cortile centrale.
All'esterno delle mura, tra i colli di Mannella e Abbadessa, si trova il celebre Persephoneion, definito da Diodoro Siculo “il più illustre santuario dell’Italia”. Tra il 1910 e il 1912 si misero in luce i resti di un piccolo edificio che sorgeva su un terrazzo trapezoidale più antico. Nelle immediate vicinanze venne rinvenuto uno dei depositi votivi tra i più ricchi della Magna Grecia, da cui provengono, oltre a varie ceramiche e terrecotte, i famosi pinakes, tavolette di terracotta, decorate a rilievo, con scene del mito di Ade e Persefone, materiale in gran parte custodito al Museo di Reggio Calabria. Il teatro di Locri Epizefiri risale al IV secolo a.C. e venne sostanzialmente modificato in età romana. Durante il periodo greco venne utilizzato sia per rappresentazioni teatrali sia per riunioni assembleari. Com'era consuetudine per il mondo greco, anche il teatro locrese venne ricavato lungo il pendio naturale di una collina, in una zona caratterizzata da una straordinaria acustica, con la cavea rivolta verso il mare. I suoi resti, che possono essere visitati presso l'odierna contrada Pirettina, furono portati alla luce nel 1940, anche se lo scavo venne completato solo nel 1957. Della costruzione sono ancora oggi ben identificabili le tre zone principali: l'orchestra, l'impianto scenico e la cavea; quest'ultima suddivisa in cinque settori separati tra loro da quattro scalette. I pinakes rappresentano uno degli esempi artistici più alti e raffinati che il mondo della Magna Grecia ci ha tramandato. Rinvenuti in frantumi, secondo il costume rituale dell’epoca, i pinakes sono sottili tavolette rettangolari in terracotta, decorate a basso rilievo, risalenti ad un periodo compreso tra il 490 ed il 450 a.C. Legati ai rituali del culto che si svolgevano presso il Santuario di Persephoneion, in gran parte rappresentano scene relative al mito di Persefone, anche se non mancano esempi nei quali protagoniste sono anche altre divinità, quali Afrodite. La maggior parte dei pinakes rinvenuti può essere ammirata presso il Museo Nazionale di Reggio Calabria, mentre altri sono oggi esposti presso il Museo Archeologico Nazionale Di Locri Epizefiri.
Museo Archeologico Nazionale Locri Epizefiri
Il Museo sorge ai confini dell'area sacra di Marasà, nelle immediate adiacenze del tratto d'angolo in cui le mura dopo il loro percorso parallelo alla costa prendono a svilupparsi verso le colline.
Si tratta di una struttura di piccole dimensioni che si sviluppa essenzialmente su due livelli. Il livello sopraelevato è costituito dalla classica area espositiva nella quale trovano posto i reperti e le varie teche che li contengono, disposti secondo un criterio basato sul luogo di rinvenimento del manufatto; il secondo livello è uno spazio aperto che si sviluppa al di sotto del livello sopraelevato a formare quasi un portico nel quale trovano posto reperti di dimensioni maggiori quali sarcofagi, cippi funerari ed elementi architettonici di varia natura, tale spazio è stato inoltre utilizzato anche per conferenze e presentazioni relative all'attività archeologica sviluppatasi nel corso degli anni. Nel 1998, l'Antiquarium venne elevato al rango di Museo Nazionale, riconoscendo la fondamentale importanza dell'area archeologica di Locri Epizefiri nell'ambito del patrimonio culturale italiano.
Gastronomia
La cucina di Locri è saporita e gustosa, basata sull’olio d’oliva extravergine che si coltiva nella sua campagna e che nasce spesso da uliveti secolari. A Locri le olive si mangiano pure ammaccate, ovvero schiacciate togliendo i noccioli, messe in acqua per addolcirne il sapore, condite con olio, peperoncino, aglio e semi di finocchio. Tra i primi piatti, da gustare senz’altro i maccarruni, pasta fatta a mano e condita con un sugo al pomodoro, carne di maiale o di capra. Molto apprezzate la carne alla pecorara, anche di bovino, cucinata con pomodoro, aglio e origano, e l’insalata calabra, con patate bollite, cipolla, peperoni, il tutto insaporito con olio, sale, pepe. Non vanno dimenticati i piatti di mare, tra cui le sarde grigliate, la alici ripiene, gli involtini di pescespada che a pezzetti è anche usato per un sugo con pomodoro e ‘nduia come condimento per la pasta. Menzione speciale per i vini DOC della Locride, che sono il Bivongi e il Grecanico, ideale per i dessert.