San Demetrio Corone
San Demetrio Corone, capitale della cultura arberëshë
Paesi
San Demetrio Corone (Shën Mitri in lingua arbëreshe) è un piccolo borgo in provincia di Cosenza che sorge sulle colline dalla pianura di Sibari, a ridosso della Sila Greca.
Riconoscibile dai tetti rossi che sembrano voler ricongiungersi al colore della terra che lo circonda, il borgo di San Demetrio Corone conserva ancora parte della sistemazione originaria.
Gli abitanti locali paiono non preoccuparsi del tempo che passa e continuano a custodire i tesori della cultura arbëreshë, solo a tratti contaminata da quella calabra.
Considerata la Capitale della cultura arberëshë, San Demetrio si estende su un fertile pendio disseminato di uliveti, gelsi e castagni. Il borgo, nel complesso, presenta caratteristiche morfologiche simili a quelle di altri paesi arbëreshë della Calabria. In questo centro gli albanesi giunsero dopo il 1468 per sfuggire all'invasione della loro patria da parte dei Turchi, rifugiandosi nei territori della principessa Irene, principessa di Bisignano e figlia del mitico eroe Scanderbeg.
Attraversato da mille vicoli tortuosi che si diramano per condurre a sorprendenti sheshiet (slarghi), il paese ospita antiche chiese e splendidi edifici gentilizi. Gli abitanti locali paiono non preoccuparsi del tempo che passa e continuano a custodire i tesori della cultura arbëreshë solo a tratti piacevolmente contaminata da quella calabra. Benché si tratti di un piccolo borgo, l’identità etnica arbëreshe è dominante e ancora viva. Si conservano ancora la cultura, le tradizioni, la lingua, il rito Bizantino e i costumi tradizionali coloratissimi. Inoltre San Demetrio Corone è sede del Collegio Italo-Albanese di Sant’Adriano, un importante organismo religioso e culturale per la conservazione del rito orientale, delle tradizioni e del patrimonio identitario arbëreshe. Il borgo custodisce uno degli edifici dei secoli XI-XII tra i più preziosi della Calabria: la Chiesa di Sant’Adriano, un autentico capolavoro, luogo di virtuosismi plastici e spirituali dove eleganza e bellezza si fondono in un’estetica misteriosa e assieme seducente.
La Chiesa di Sant’Adriano
La Chiesa è un capolavoro d’arte dell’XI e XII secolo e potrebbe rappresentarsi come chiave per consentire l’accesso al tipico universo etno-antropologico arbëreshe di San Demetrio. La Chiesa di Sant’Adriano fu fondata da San Nilo di Rossano, monaco basiliano, eremita e forse il maggior personaggio del monachesimo calabro-greco, che nel 955 edificò in questo luogo una Chiesetta dedicata ai martiri Adriano e Natalia per istituire un cenobio non troppo distante dal villaggio. La Chiesa non ha mantenuto l’originaria unità strutturale e architettonica, tuttavia mostra linguaggi e messaggi stilistici differenti, che evidenziano una raffinata eleganza che spazia tra il mostruoso, il misterioso e il fantastico. L’accesso alla Chiesa è dato da due ingressi laterali, quello principale posto al di sotto del grosso campanile in pietre e mattoni, mentre l’altro è denominato Porta dei Monaci perché consentiva l’accesso alla Chiesa dei monaci dall’attiguo Collegio italo-albanese con stipiti in marmo e due mascheroni in pietra. All’interno le tre navate sono a copertura lignea e quattro arcate fiancheggiano la navata centrale sorrette da colonne antiche e da pilastri di fabbrica.
Le pareti sono affrescate con raffigurazioni di Santi databili tra il XII e il XIII secolo, mentre nell’abside è visibile una scena di un più ampio ciclo, la Presentazione di Maria al Tempio. In fondo alla navata centrale è collocata una cupola barocca dove è raffigurato il Creatore con Santi monaci, Suore e San Nilo in preghiera davanti al Cristo in Croce e la mano destra protesa nell’atto di benedirlo. L’autentico capolavoro della Chiesa è il pavimento (realizzato tra il XII e il XII sec.) parte in opus sectile e parte in mosaico. I quattro mosaici, eseguiti da mani esperte, rappresentano figure di animali fantasiose e suggestive. Sempre all’interno della chiesa sono conservati interessanti reperti scultorei di epoca normanna e i due capitelli delle colonne, uno bizantino, l’altro corinzio.
Museo Etnografico San Nilo
Nata da un'idea dell’editore Giovanni Macrì, il Museo si è arricchito di utensili domestici, attrezzi rurali e strumenti artigianali, contribuendo alla ricostruzione delle tradizionali ambienti familiari del mondo contadino. L'esposizione riassume un periodo storico che va dal periodo dei monaci basiliani alle prime emigrazioni albanesi in Calabria del 1471, fino al ‘900. La "cultura materiale”, con l’apporto degli audiovisivi e delle foto, si fonde con quella "ideale" della linguistica arbëreshë, della musica e della coreografia popolare.
Tradizioni popolari
Le particolari celebrazioni Pasquali in rito ortodosso si accompagnano ai tradizionali balli popolari albanesi, fino al folcloristico Festival della Canzone Arbereshe, nato nel 1980 per volontà del Collegio Italo-Albanese. Tra gli antichi borghi medievali della Calabria, San Demetrio Corone è tra quelli ad alta concentrazione di attività folcloristiche e culturali organizzate durante l'intero anno.Durante la commemorazione dei defunti, suggestiva è la visita dei sacerdoti (papàdes) presso le famiglie, per procedere alla benedizione delle "panagie" (mensa con vino, pane, grano bollito e una candela sovrapposta al centro), simboli della resurrezione dei corpi e dell'immortalità dell'anima. Da tradizione, fra la notte di Sabato e Domenica della Settimana Santa (Java e Madhe), è consuetudine recarsi alla fontana dei monaci (pusi) presso il Collegio di San Adriano, per perpetuare il rito del rubare l'acqua. Qui si procede all'accensione di un grande falò (qeradonulla) davanti al sagrato della chiesa e, al momento dell’accensione, si inneggia il canto greco "Kristos Anesti" (Cristo è risorto). La mattina alle 5:30 si svolge una messa in chiesa chiamata messa dell’alba. La tradizione vuole che il giorno della vigilia della festa del santo patrono, dal portone principale della chiesa esca il "cavallo di S. Demetrio" (kali i Shèn Mitrit), sorretto alle spalle da due persone. La struttura è realizzata in cartapesta e gira casa per casa, portando messaggi augurali e ricevendo in cambio danaro, vino o altro. Il mercoledì delle Ceneri, durante il carnevale, viene svolto il funerale di "Nikolla", un vecchio vestito di stracci con a seguito vari personaggi. Subito dopo entrano in scena i diavoli (djelzit), coperti di pelle di capra.
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