Staiti
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Staiti nacque probabilmente come casale di Brancaleone (in origine era costituito da un gruppo di povere case abitate da pastori e contadini). Forse un nucleo abitativo esisteva già nel XV secolo, sotto la signoria dei Ruffo. Il primo documento che cita il suo nome però risale al 1571, quando Alfonso d'Ajerbo d'Aragona (signore di Brancaleone e marito di Giovanna Ruffo) vendette la terra per 20.000 ducati a Cristofaro della Rocca di Messina. Rientrato in possesso del feudo per successione, Alfonso fu costretto a rivenderlo per debiti. Lo acquistò per 30.000 ducati, con regio assenso del 7 giugno 1572, Eleonora (Dionora) Stayti, nobildonna messinese, che lo diede nel 1606, come regalo di nozze, a suo figlio Andrea Stayti Spatafora che sposò Ippolita d'Ajerbo (figlia di Alfonso). Presumibilmente il casale prese il nome da questa famiglia che contribuì non poco al suo sviluppo (diede anche il proprio stemma all'università). La storia feudale di Staiti continuò a seguire quella della limitrofa Brancaleone. Nel 1816 diventò capoluogo di mandamento dei comuni di Brancaleone, Bruzzano, Ferruzzano e Palizzi. Sulla data della sua fondazione sono state formulate varie ipotesi. Una leggenda racconta che un tempo sulla stessa area sorgeva un piccolo tempio edificato dai Locresi Zefhiri nel V-VI secolo a.C., elevato per ringraziare il Dio Nettuno per averli salvati da una tempesta. Secondo il racconto la sua statua era stata coperta da un prezioso mantello gemmato, poi trafugato da Annibale, durante la sua permanenza sulla costa Ionica calabrese, per punire i Locresi, alleati di Roma. A suffragare l'ipotesi di un preesistente tempio dedicato al dio Nettuno fu il ritrovamento, nei pressi dell'attuale chiesa, di una moneta recante l'immagine di Nettuno col tridente e la leggenda greca Pose-Jeno che si spiega col nostro "come ti salvo". Partendo dal presupposto che un tempio doveva preesistere, i basiliani se ne impossessarono tra il VII e VIII, trasformandolo in una Chiesa greca in onore della Madonna del Tridente (chiara allusione alla divinità del mare), poi divenuto Tridetti. Secondo una diversa interpretazione etimologica, invece, la parola potrebbe derivare dal greco tridactilon (tre dita) per indicare il Bambino benedicente in braccio alla Vergine. L'unico documento pervenuto sulla chiesa risale al 1060. Si tratta di un privilegio con cui il Conte Ruggiero d'Altavilla dispose l'assegnazione di parte delle rendite della badia al Capitolo di Bova dal quale la stessa dipendeva. Gli studiosi ritengono che per procedere a un’operazione del genere non soltanto il monastero basiliano dovesse esistere prima del Mille, ma a quella data doveva aver raggiunto già una certa importanza. Paolo Orsi, archeologo sovrintendente alle antichità e alle belle arti della Calabria, che scoprì la struttura nel 1912, ne fissa l'origine al XI secolo, accettando l'ipotesi di un piccolo tempio preesistente.
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